Voglio scusarmi con quanti ritengano che questo argomento sia noioso e superato perché noto a tutti, ma ritengo che un chiarimento sul concetto di perdita di carico possa essere di interesse per molti addetti ai lavori.
Dunque quando parliamo di perdite di carico di solito vogliamo riferirci a circuiti contenenti dei fluidi in movimento. Non importa se il fluido sia un liquido od un gas, né se il movimento del fluido sia dovuto ad una spinta naturale o ad una azione di pompaggio.
Siccome su questo sito abbiamo messo a disposizione due moduli di calcolo per la valutazione delle perdite di carico negli impianti del gas e negli impianti di riscaldamento, esamineremo i due casi cercando di dare interpretazione alla definizione appunto di perdita di carico.
Facciamo l’ipotesi del gas (senza distinguere che si tratti di metano o di GPL o altro). Se immettiamo gas in una condotta, e siamo in grado di garantire una pressione stabile nel punto iniziale della condotta, in condizioni statiche, ovvero nel caso non vi sia utilizzo di gas da parte delle utenze collegate alla stessa condotta, la pressione lungo l’intero percorso è stabile e perfettamente uguale alla pressione che abbiamo nel punto di inizio.
Quando però un apparecchio utilizzatore (caldaia, cucina, altro) è in funzione, il gas fluisce nella condotta dal punto di inizio (di solito il contatore della società fornitrice) verso l’utilizzatore. In questa situazione, se andiamo a misurare la pressione lungo la conduttura notiamo una differenza di pressione che diminuisce dal punto di inizio andando verso l’apparecchio utilizzatore. Se facessimo delle prove con situazioni diverse noteremmo che le variazioni di pressione lungo la conduttura:
– aumentano all’aumentare della portata del gas utilizzato dall’utenza;
– aumentano quando aumenta la lunghezza della condotta;
– aumentano con l’aumento del numero di curve, raccordi, valvole, etc.;
– aumentano con il diminuire della sezione della conduttura.
Per quanto detto possiamo immaginare che a pari lunghezza e sezione della conduttura, la pressione scende in proporzione all’aumentare della potenza erogata dall’apparecchio utilizzatore.
Per questo è ragionevole sostenere che il massimo della perdita di pressione (perdita di carico) si verifica tra il punto di inizio della condotta e il punto finale nelle condizioni di massima potenza assorbita dall’utilizzatore.
La norma UNI 7129 regola la materia a fissa nel limite di 1 mbar (1 cm di c.a.) la perdita di carico (variazione di pressione ammessa) per il caso di impianti a metano, e invece 2 mbar per il caso di GPL.
Nel caso degli impianti di riscaldamento il concetto è lo stesso, ma per la sua comprensione vale la pena usare un linguaggio leggermente diverso. In questo caso non abbiamo un inizio ed una fine così intuibile come nel caso di un impianto gas. Un impianto di riscaldamento, ad esempio come quello a collettori contemplato nel nostro modulo di calcolo, deve essere oensato come un anello chiuso. Il fluido è tenuto in movimento nell’anello da un circolatore. Il circolatore spinge il fluido nel percorso cercando di vincere le difficoltà opposte dai vari organi dell’impianto (condutture caratterizzate dalla natura del materiale, lunghezze, curve, sezioni). La pressione di inizio possiamo immaginarla (e in effetti lo è) come la pressione subito appresso al circolatore, mentre quella di fine impianto la pressione che misuriamo al rientro nel circolatore ( si dice a valle ed a monte del circolatore).
In condizioni di esercizio potremmo dire che la resistenza che oppone l’impianto al flusso del fluido è pari alla spinta del circolatore. In questa ottica, la resistenza dell’impianto prende il nome di perdita di carico dell’impianto stesso, mentre la pressione esercitata dal circolatore è definita come prevalenza del circolatore. In effetti, in condizioni di equilibrio i due valori sono perfettamente uguali e sembrerebbe superfluo distinguerli, ma di fatto capire bene il concetto è di fondamentale importanza.
Infatti le caratteristiche del circuito determinano le perdite di carico dello stesso, a cui dobbiamo sopperire con la scelta di un circolatore adeguato a fornite il corrispondente valore di prevalenza.
In effetti ogni circolatore dal punto di vista funzionale ha una caratteristica che descrive le sue capacità prestazionali mettendo in relazione il valore di prevalenza e di portata, inversamente proporzionali tra loro.
Affinché il circolatore sia idoneo all’uso, le sue caratteristiche di prevalenza e portata debbono sposarsi con le corrispondenti necessità di portata e perdita di carico dell’impianto.